GOGEN YAMAGUCHI: "IL GATTO"
Gogen
Yamaguchi, hanshi 10° dan nacque a Kagoshima, in Giappone, nel 1907 e morì nel
1989. Yamaguchi sensei è il fondatore del Goju ryu giapponese e della Goju-kai,
noto come "Il Gatto" presso i suoi allievi occidentali, che lo soprannominarono
così per via dei lunghi capelli e dei movimenti veloci e felini. Un'altra fonte
racconta che gli ufficiali americani che studiavano con lui lo chiamavano così
perché scivolava silenziosamente sul pavimento del Dojo senza che essi
riuscissero a sentirne i passi quando si avvicinava loro arrivando da dietro. In
ogni caso, il nome rimase e lo accompagnò per tutta la sua carriera di Karate-ka.
Se guardiamo le immagini degli anni 60, possiamo notare che aveva le sembianze e
il carisma di un guru spirituale e in effetti divenne una leggenda già in vita.
Non era tanto alto: 1 metro e 67 per 72 kg circa, ma dava l'impressione di
essere molto più grande e potente. Sorrideva raramente e i suoi occhi
assomigliavano a quelli di una tigre. Aveva tre figli e due figlie, tutti
cinture nere di karate.
Nel 1964
Yamaguchi aiutò a costituire la All Japan Karate do Federation, che riuscì a
unificare alcuni dei principali stili di karate come lo shotokan e il wado ryu.
Il goju ryu
Karate-Do e la Goju kai
Nel corso della
sua lunga carriera contribuì in modo significativo all'evoluzione del Karate-Do
Giapponese. Si deve a lui lo sviluppo del jiyu kumite o combattimento libero,
che venne poi adottato nelle competizioni. Yamaguchi pensava che il sistema
originale del Goju di Okinawa fosse troppo statico e che la pratica del Kata e
gli esercizi di sparring inibissero gli studenti nel creare combinazioni durante
il Kumite, impedendo loro di proseguire l'azione quando l'avversario presentava
un'apertura nella propria difesa.
Sviluppò così
certe tecniche che furono poi ampiamente usate nel Kumite.
Lo stile Goju-ryu
ha origine nell'isola di Okinawa (Giappone) che si trova a circa 300 miglia a
sud della principale isola giapponese. Kanryo Higahonna (1851 -1915), il
praticante più anziano del Nahate, andò in Cina nel 1891 e studiò uno stile
cinese. Chojun Miyagi (1888-1953), il successore di Higahonna a Okinawa, studiò
gli stili nativi di Okinawa e il Nahate con Higahonna. Negli anni '20 Miyagi
sviluppò ciò che aveva imparato da Higahonna e fondò il Karate-Do Goju-ryu. La
parola Goju significa "go duro e ju morbido" e sottolinea l'importanza data in questo
stile sia alle tecniche dure che a quelle morbide, senza le quali non sarebbe
possibile un completo adattamento a ogni possibile situazione nella lotta. Miyagi usava concetti tratti da un libro cinese intitolato Bubishi, ovvero
"Spirito dell'arte marziale". Il testo era un un libro mistico tenuto in grande
considerazione dai maestri Okinawensi. In effetti, il nome Goju deriva dagli
otto poemi del pugno contenuti nel Bubishi. Con il Goju, Miyagi voleva combinare
movimenti duri o forzati con movimenti morbidi o cedevoli, complementari fra
loro.
Questo concetto
orientale che unisce le forze opposte della natura è chiamato anche yin e yang
in cinese o in e yo in giapponese. Nel 1929 Miyagi visitò il Giappone su
richiesta di Yamaguchi sensei e insegnò all'Università Ritsumeikan di Kyoto,
dove Yamaguchi aveva fondato il Ritsumeikan dojo. Miyagi in seguito nominò Gogen
Yamaguchi capo del Goju-ryu in Giappone. Yamaguchi costituì la All Japan karate
do Goju kai nel 1930. L'emblema della Goju-kai di Yamaguchi è probabilmente
ispirato al pugno di Miyagi sensei. Nel 1939, a causa della politica
espansionistica giapponese, Yamaguchi dovette lasciare la sua scuola Goju-kai
per andare in Manciuria come ufficiale del governo giappponese. Alla fine della
guerra, i russi avevano riguadagnato il controllo sulla Manciuria e Yamaguchi fu
preso prigioniero. Inizialmente scelto per lavorare nei campi di lavoro forzato
russi, quando i suoi guardiani scoprirono che era un maestro di Karate-Do, lo
scelsero per insegnare l'arte marziale ai soldati russi. Finalmente fu rilasciato nel
1945 e tornò in Giappone.
Dopo la guerra,
Yamaguchi si impegnò a ricostruire l'organizzazione della Goju-kai.
Le forze
alleate avevano messo fuori legge la pratica delle arti marziali durante
l'occupazione. Tuttavia, il Karate-Do non era molto noto agli occidentali a quel
tempo, e non fu bandito come le altre discipline.
Il singolare
modo di presentarsi di Yamaguchi e i vecchi valori tradizionali dei samurai lo
aiutarono a espandere lo stile e la Goju-kai in Giappone. Inoltre, l'occupazione
portò molti ufficiali in Giappone. Alcuni di essi cominciarono a studiare il
Karate-do nel Dojo di Tokyo di Yamaguchi Sensei. Quando finirono il loro periodo di
ferma in Giappone, portarono lo stile con loro negli Stati Uniti.
Tutto ciò
contribuì a espandere massicciamente la Goju-kai all'estero.
Più tardi,
Yamaguchi riuscì a far ammettere il Goju-ryu Karate-Do come arte marziale nel Dai Nippon
Butotukai o Associazione delle virtù marziali del grande Giappone, il corpo
ufficiale che governava le arti marziali giapponesi a quel tempo.
Yamaguchi era
famoso per il suo Seishin renshu o allenamento dello spirito, sul monte Kurama
in Giappone. Yamaguchi, che era un prete shintoista e praticava anche yoga, dava
grande enfasi all'allenamento all'aperto per realizzare l'armonia con la natura.
Il seishin renshu di Yamaguchi consisteva nella meditazione sotto una cascata
nell'acqua gelata dell'inverno. Utilizzava i rituali shintoisti per tributare
rispetto ai kami o spiriti e dei della natura, usando particolari posizioni
delle mani per chiamare i kami, i kuji giri o kuji ho con i quali creava
consapevolezza spirituale e concentrazione. Mentre meditava sotto la cascata
eseguiva anche i movimenti del Tensho kata. Usava questa forma di shugyo o
"allenamento severo", per purificare e rafforzare lo spirito.
Non solo,
l'idea di Yamaguchi era di combinare gli elementi dello shugyo, della
meditazione e i concetti della respirazione dal kata Sanchin per realizzare
l'unità spirituale nell'allenamento del Karate-do.
In Giappone la
Goju-kai ospitava un campo estivo di allenamento ogni anno dove si svolgeva di
regola un duro lavoro e un allenamento severissimo. Oltre al kata e al kumite si
praticava il tame-shiwari, il test di forza nel quale si rompono tavole di legno
o tegole e che mostra la potenza del Karate-do e l'uso appropriato della tecnica.
In questi campi i praticanti di Goju indossavano hachimachi o bandane che nella
cultura giapponese aveva il significato di duro lavoro.
Nel 1950 il
quartier generale della Goju-kai fu trasferito da Kyoto a Tokyo, il che ebbe
come effetto una notevole espansione dello stile sia in Giappone che nel resto
del mondo. Verso il 1970 il Goju-ryu di Yamaguchi divenne uno degli stili
principali di Karate-do. Fu in quel periodo che la Goju-kai raggiunse la massima
popolarità, annoverando più di 450.000 membri.
Dopo la morte
di Yamaguchi sensei nel 1989, la Goju-kai si suddivise tra i vari allievi;
attualmente l'organizzazione più importante, numerosa e ligia alla tradizione è
la SEIWAKAI del sensei Shuji Tasaki membro della JKF Goju-kai.
Da "SAMURAI"
anno 8 n. 5 1997
L'influenza del GOJURYU SU YOSHITAKA FUNAKOSHI
Dopo il 1930, su richiesta dell'anziano padre,
Yoshitaka Funakoshi (1906-1947) iniziò a sostituirlo. Prima iniziò presso
l'università Waseda e poi, nel 1936, fondato il Dojo Shotokan, il vecchio
Maestro lasciò gradualmente la direzione al figlio. Tra il 1939 e il 1943, sotto
la direzione di Yoshitaka, Genshin Hironishi, Takeshi Shimado e Shigeru Egami
nacque uno stile completamente nuovo. Gli allievi più anziani di Gichin
Funakoshi si lasciarono guidare dal giovane Yoshitaka, modificando le basi dello
Shuri-te mediante l'introduzione di tecniche provenienti dalla boxe inglese,
calci circolari, protezioni ecc. ma, soprattutto, per l'introduzione di un
metodo che non si riscontra in alcun altro stile di Karate oggi conosciuto. Questo cambiamento avvenne in seguito ad un confronto
avvenuto ad Osaka tra Yoshitaka ed i suoi allievi con un gruppo di esperti di
Goju-ryu. Usciti sconfitti da questa esperienza, Yoshitaka prese la decisione di
inserire nell'allenamento il jiyu kumite, il combattimento libero.
Occorre ricordare che, in questo periodo, il Giappone si trovava in guerra
contro la Cina e che le prospettive di vita erano minime: Morire a vent'anni" è
un motto molto radicato nei giovani nipponici dell'epoca. Dunque,
l'atteggiamento di ricerca dell'efficacia nel combattimento sportivo, a
discapito delle reali tecniche di autodifesa e degli aspetti salutari inclusi
nella pratica dei Kata, iniziò a scavare un fossato tra Yoshitaka e il padre.
Riportiamo un discorso di Gichin Funakoshi a uno degli adepti: " Capisco che non
siate soddisfatti dei Kata e degli esercizi convenzionali di combattimento ma
questo dipende da una vostra mancanza di approfondimento dell'arte. Nel Karate,
inteso come Budo, la pratica del combattimento significa "combattimento a
morte". Quali che siano le armature che metterete a punto, il Karate come
competizione vi farà perdere la via".
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